Interfacce conversazionali e siti web: come raggiungere un’integrazione seamless

Ormai è un dato di fatto, inserire un chatbot nella propria strategia Business è davvero vantaggioso, e il mercato lo conferma:

  • le aziende possono ridurre i costi del servizio clienti fino al 30% implementando soluzioni di conversazione tramite chatbot (Chatbots Magazine)
  • 69% dei consumatori preferisce usare un chatbot per la velocità di comunicazione con i brand (Salesforce)
  • 90% delle aziende ha ridotto il proprio First Response Time grazie all’uso di chatbot (MIT Technology Review)

I chatbot si rivelano utili alleati nella gestione del customer service, nella raccolta di nuovi lead, nella prenotazione di servizi e potenzialmente in ogni settore commerciale. A volte però non basta. Non è sufficiente limitarsi alla gestione delle richieste restando all’interno della chat, fornendo semplici risposte e scalando le questioni più delicate all’assistenza clienti. Serve andare più in profondità per centrare gli obiettivi di business che il cliente vuole raggiungere con l’inserimento dell’Intelligenza Artificiale Conversazionale.

A questo scopo, i nostri agenti di AI Conversazionale sono stati sviluppati per interagire direttamente con il sito in cui sono ospitati in un’ottica di complementarietà di funzione. Questa collaborazione migliora l’esperienza di navigazione sul sito e la User Experience complessiva.

Gli strumenti per attivare interazioni profonde e operative tra sito e assistente virtuale

Nel corso della nostra esperienza su industry diverse, abbiamo sviluppato feature di prodotto che permettono un’interazione profonda, con grandi capacità operative, tra il sito e l’interfaccia conversazionale. Una delle caratteristiche più innovative della nostra chat è proprio quella di poter ricevere, tramite specifiche chiamate, eventi attivati all’interno di percorsi conversazionali. Vediamole nel dettaglio.

Dispatch event

La funzionalità Dispatch Event consente di inviare azioni, tramite l’assistente virtuale, che vengono eseguite dal sito grazie a una chiamata funzionale. A seconda dei dati passati tramite l’evento, il sito innescherà determinati comportamenti sulla base delle esigenze espresse dal Cliente. Ciò significa che, in base alle richieste poste all’assistente virtuale, il sito potrà attivare funzionalità strettamente legate alla conversazione appena avvenuta, personalizzando al massimo l’esperienza che l’utente fa del brand.

Push-navigation

Per contestualizzare le informazioni fornite dal Conversational AI agent e semplificare la ricerca di una determinata sezione del sito, può nascere l’esigenza di dover indirizzare l’utente verso una pagina diversa rispetto a quella in cui si trova. Per soddisfare questa necessità abbiamo sviluppato lo strumento di Push Navigation, la cui funzione è di far atterrare l’utente su un’altra pagina del sito rispetto a quella in cui si trova al momento della richiesta. 

Il chatbot quindi guida la navigazione dell’utente, innescando l’atterraggio sulle pagine più appropriate in base alle informazioni richieste dall’utente stesso.

Trigger

Tramite questa funzionalità è possibile innescare specifiche azioni da parte dell’agente conversazionale a seconda dell’url di navigazione o di altri criteri concordati con il cliente. Grazie allo strumento dei Trigger è possibile abilitare azioni di proattività lungo il journey dell’utente. Lo scopo principale di questa funzionalità è quello di seguire l’utente passo a passo e creare engagement.  

Interazione tra sito e interfaccia conversazionale: alcuni esempi 

Perché decidere di implementare una strategia che preveda una stretta complementarietà tra il sito e l’interfaccia conversazionale? Ecco gli esempi di utilizzo reali che abbiamo sviluppato per alcuni clienti.

Tutorial bot

Quando l’assistente virtuale svolge il ruolo di tutorial bot, la sua funzione è quella di guidare l’utente nel completamento di procedure complesse e rendere l’esperienza di navigazione quanto più chiara possibile. 

Grazie a una profonda interazione tra sito e chatbot, l’utente è in grado di visualizzare le indicazioni fornite dall’assistente virtuale tramite chat, che direttamente sulle pagine del sito evidenzia la sezione di riferimento. 

Sulla base delle necessità del cliente, l’agente conversazionale può sfruttare diverse modalità per accompagnare visivamente le attività dell’utente sul sito:

  1. indicatori luminosi
  2. sezioni che vengono evidenziate o cambiano colore
  3. apertura di pop up
  4. attivazione di suoni

e potenzialmente ogni altra modalità che è possibile attivare sul sito web.

Riduzione dei carrelli abbandonati

Grazie ai trigger, l’assistente virtuale può intervenire lungo tutto il customer journey per fornire assistenza e ottimizzare il tasso di conversione in maniera smart. 

Proattività marketing e lead generation

Attivandosi con messaggi personalizzati sulla base delle azioni effettuate dall’utente sul sito, l’agente è in grado di svolgere in totale autonomia una serie pressoché infinita di azioni proattive: 

  • Lead generation & enrichment per raccolta e arricchimento dei dati della customer base.
  • Up selling sui prodotti inseriti a carrello.
  • Alert di spedizione: avviso al mancato raggiungimento della soglia di spesa minima per la spedizione gratuita.
  • Indagine di gradimento sull’acquisto con la raccolta di un form conversazionale compilato direttamente nella thank you page.
  • Invio contenuti personalizzati: con una modalità poco invasiva e diversificata sulla base del device, l’assistente virtuale ingaggia l’utente proponendo contenuti informativi e commerciali profilati sulla base del profilo comportamentale.
  • Iscrizione alla newsletter con conseguente codice coupon da lasciare ai nuovi iscritti direttamente in chat. 
  • Rilascio di codici sconto promozionali sulla base degli acquisti precedenti o dei prodotti inseriti a carrello.

La collaborazione tra il team di Heres e il team del cliente è fondamentale, sia per definire quali interazioni inserire tra sito e interfaccia conversazionale che per implementare questa compresenza operativa.

Come progettare interazioni profonde e operative tra sito e chatbot

Una delle caratteristiche più innovative della nostra chat è quella di poter ricevere, tramite specifiche chiamate, eventi attivati all’interno di percorsi conversazionali. 

Gli eventi dispatch-event, che permettono un miglioramento della User Experience favorendo la relazione tra chat e sito, vengono catturati e gestiti direttamente dallo script di integrazione della chat tramite l’inserimento del nome dell’evento e di un oggetto che conterrà le informazioni relative alla caratteristiche dell’evento stesso. 

Anche in questo caso la collaborazione tra il team Heres e il team di sviluppatori del cliente è necessaria in quanto, una volta che Heres fornisce i requisiti sul comportamento dell’evento, l’implementazione sarà gestita dal cliente.

Perché prevedere soluzioni di website interaction e browsing automation integrate al Conversational AI

L’implementazione delle funzioni sopra descritte permette di raggiungere al meglio i principali obiettivi del cliente tra cui: 

  • Migliorare l’usabilità del sito guidando la navigazione dell’utente nelle sezioni di maggiore interesse;
  • Contact reduction: ridurre le cause principali per cui gli utenti necessitano di un contatto diretto; 
  • Limita il Bounce Rate (la percentuale di utenti che abbandonano il sito senza visitare altre pagine) grazie alla capacità di facilitare il raggiungimento delle pagine che stanno cercando gli utenti che navigano il sito;
  • Incrementa la satisfaction rate del cliente, che ha la possibilità di essere guidato durante la navigazione di sezioni specifiche.

Per queste e molte altre ragioni incentiviamo l’utilizzo di integrazioni tra sito e chat e una costante collaborazione con i nostri clienti per migliorare l’esperienza degli utenti durante la navigazione del sito. 

Voice Commerce: il futuro dello shopping online è conversazionale

Il Voice Commerce è la tecnologia basata sull’intelligenza artificiale che permette di fare acquisti online mediante il solo utilizzo della voce. Tutto quello che ti serve è uno smart device, la tua voce e il tuo metodo di pagamento preferito associato al dispositivo che stai utilizzando. 

Voice Commerce: una nuova esperienza di shopping online

La tendenza della ricerca vocale sta cambiando anche il mondo degli acquisti online: già un 27% della popolazione mondiale usa la ricerca vocale da mobile (Global Web Index), in un contesto di stabile del mercato Voice AI globale (+17,2% nel periodo 2020-2025; Meticulous Research). Secondo una ricerca di Statista, le persone si aspettano che l’acquisto vocale diventi uno stile di vita entro il 2024, con il 92% degli americani intervistati che immagina assistenti vocali a supporto nella fase di acquisto.

E se ancora non bastasse, Oberlo stima che nell’anno corrente (2022) gli acquisti con la funzione vocale dovrebbero riguardare più di 33 milioni di utenti soltanto negli Stati Uniti.

Gli assistenti vocali non sono presenti solo in fase di acquisto, ma anche nei momenti pre e post vendita. Inoltre, per utilizzarli non è essenziale possedere uno smart speaker, basta anche solo il proprio smartphone. Ecco perché si prevede che il commercio vocale diventerà una delle principali tendenze dello shopping online nei prossimi anni.

5 use case attivabili per il tuo e-commerce grazie alla tecnologia di riconoscimento vocale 

Il Voice Commerce sembra diventare giorno dopo giorno la nuova frontiera dello shopping: i clienti possono aggiungere e rimuovere prodotti dal carrello, ricevere notifiche di promozioni e sconti, nonché arricchire la loro esperienza d’acquisto con suggerimenti cross-selling e consigli personalizzati in base al loro profilo. Le potenzialità sono pressoché infinite, così come i casi d’applicazione. Ecco una selezione dei principali use case, alcuni dei quali già attivati da grandi Brand pionieri nell’uso di questa tecnologia: 

  1. Riordino di acquisti precedenti: richiedere il rifornimento di un acquisto fatto in precedenza o di un acquisto abituale è una delle implementazioni più comuni e semplici per un brand di e-commerce. L’ordine infatti è già lì: tutto ciò che serve per riordinare il prodotto è un comando vocale. 
  2. Notifiche di tracciabilità/consegna dell’ordine: con la tecnologia vocale è ancora più semplice e veloce ricevere informazioni sullo stato della propria spedizione. Le notifiche di consegna vocali e le capacità di tracciamento possono portare la user experience a un livello completamente nuovo.
  3. Upselling, downselling e cross-selling: prima, durante e dopo l’acquisto è possibile suggerire al cliente altri prodotti o servizi coordinati.
  4. Carrello abbandonato: secondo il Baymard Institute quasi il 70% dei carrelli sugli e-commerce vengono abbandonati. Un assistente virtuale vocale è in grado di riprendere la conversazione con gli utenti e spingerli all’acquisto offrendo sconti o proponendo prodotti simili.
  5. Consigli sui prodotti: cosi come gli assistenti virtuali text-based, anche quelli vocali possono comprendere e conservare le preferenze di acquisto, nonché “apprendere” da queste per fornire consigli pertinenti e personalizzati sulla base del profilo di ogni utente. 

Quali sono i vantaggi del Voice Commerce per i clienti di un e-commerce?

  • Comodità: l’acquisto diventa hands-free e l’utente può comprare il suo prodotto preferito mentre svolge altre attività.
  • Velocità di acquisto: l’input vocale è 3 volte più veloce della scrittura (Stanford University), inoltre l’utente non deve inserire i suoi dati per effettuare l’acquisto, riducendo ulteriormente i tempi per la transazione.
  • Esperienza d’acquisto personalizzata: Grazie alla semplicità di utilizzo del Voice Commerce, gli utenti tendono ad interagire molto di più con i propri dispositivi permettendo a questi ultimi di raccogliere informazioni da usare per personalizzare la user experience.
  • Disponibilità 24/7: in qualsiasi momento l’utente abbia voglia di fare acquisti l’assistente vocale è lì 24/7. 

E per i Brand?

  • Orientare le scelte dell’utente: l’assistente vocale può guidare l’utente nella navigazione del catalogo, aiutandolo nella scelta del prodotto e spingendolo a non abbandonare il carrello.
  • Aumentare la fidelizzazione del cliente: i brand possono raccogliere informazioni su comportamenti e preferenze di acquisto dei propri clienti. In questo modo, possono realizzare prodotti di valore che soddisfino e fidelizzino i clienti. 
  • Diminuire le interferenze dei competitor: aggiungendo un prodotto al carrello direttamente con un comando vocale, si evitano passaggi sul sito, dove i competitor possono intercettare l’utente e distrarlo dall’acquisto.

I Brand che abiliteranno questa soluzione nei loro negozi online potranno aumentare significativamente l’esperienza dei loro clienti e stringere relazioni più forti con loro. 

Possibili barriere all’adozione della tecnologia vocale per lo shopping online

Come per ogni nuova tecnologia, anche il Voice Commerce non è completamente libero da barriere e frizioni nell’adozione su vasta scala. Possiamo individuare 3 principali barriere: 

  1. L’effetto dotazione: si tratta di una distorsione cognitiva che le persone mettono in atto e che le porta ad attribuire  maggior valore ai beni in loro possesso rispetto ad altri simili. Secondo questa teoria, c’è maggiore probabilità che le persone acquistino un prodotto quando ne sentono già la proprietà, come accade quando si inserisce un prodotto a carrello su un e-commerce. Con una tecnologia voice-only questo effetto cognitivo viene meno, in quanto assente la conferma visiva delle azioni d’acquisto.
  2. Il rimorso dell’acquirente: dopo un acquisto si può essere sopraffatti da un sentimento naturale di delusione o di colpa legato all’impulsività dell’acquisto o all’averlo portato a termine con insufficiente informazione.
  3. Avversione per lo strumento: a volte corriamo il rischio di diventare contrari all’uso di un algoritmo o di un dispositivo in seguito ad errori. Questo anche nel caso in cui l’errore sia minimo o più raro di quello umano. Con il coinvolgimento di una transazione, poi, l’avversione è ancora più forte.

Possibili soluzioni per ridurre la frizione nell’utilizzo del voice-activated retail technology

L’innovazione del settore e-commerce attraverso l’acquisto vocale può essere dirompente, a patto che venga elevato l’elemento umano della fiducia, cruciale per un’adozione di massa di questa tecnologia. Ma come poter superare definitivamente le barriere e guadagnarsi maggiore fiducia da parte degli utenti? Ecco alcune soluzioni individuate per accelerare l’adozione del Voice Commerce: 

  1. Non basta inserire uno schermo per eliminare l’Effetto dotazione, è necessario avvicinare i consumatori all’offerta fornendo forti benefici all’acquisto, non solo comodità. Ad esempio comparando prodotti simili, avvisando della modifica al prezzo di un prodotto salvato, oppure proponendo in modo proattivo il bisogno di un prodotto in base agli eventi in calendario (Ipsos, 2020).
  2. Sfruttare i dati disponibili per fornire contesto all’utente: ciò significa garantire l’accesso alla consultazione di valutazioni e recensioni di altri utenti rispetto al prodotto che si sta acquistando. Ma non solo, i brand dovrebbero anche sfruttare in un’ottica omnichannel le notifiche riguardo all’acquisto, ad esempio inviando avvisi per mail o conferme post acquisto direttamente sullo smartphone. Questo contribuisce a costruire fiducia, riducendo le possibilità di Rimorso del compratore.
  3. Concentrare sforzi e investimenti verso il miglioramento degli algoritmi di riconoscimento vocale, limitando gli errori e fornendo un’esperienza conversazionale e di acquisto soddisfacente.
  4. Individuare le differenze tra le diverse voci che utilizzano il device e impedire alcune funzionalità in base all’autenticazione vocale. Questo per evitare che vengano effettuati acquisti senza consenso da parte di altri membri della famiglia e per avere un maggiore controllo sugli ordini effettuati. 

Come sarà il futuro del Voice Commerce?

Sebbene il commercio vocale sia relativamente nuovo nel mercato dell’e-commerce, sta crescendo rapidamente. Si prevede che il valore totale degli acquisti ad attivazione vocale toccherà i 19,4 miliardi di dollari entro il 2023 (Juniper Research), una crescita del 320% superiore rispetto a quanto previsto nel 2022.

Aggiungere al customer journey un’interfaccia vocale si configura come una naturale evoluzione del m-commerce (mobile shopping), che da solo genera già il 45% delle vendite e-commerce. Ciò ti consentirà di aumentare il numero di acquisti dei tuoi clienti affezionati e attirare nuovi clienti. 

L’implementazione di nuovi trend e soluzioni tecnologiche, quando il mercato è maturo, è redditizio per qualsiasi attività commerciale, oltre che catalizzatore di un vantaggio competitivo su quelle realtà aziendali  che non si dotano di tecnologie emergenti fin dall’inizio. 

Se ancora non stai prendendo in considerazione il Voice AI per la tua strategia di business, è il momento giusto per iniziare. 

Voice AI: il nuovo touchpoint per arricchire la CX del tuo brand

La voce è la modalità di comunicazione primaria per gli esseri umani. La sua natura intuitiva ma complessa ha affascinato scienziati di tutto il mondo e motivato la progettazione di interfacce conversazionali per comprendere il linguaggio parlato fin da inizio ‘900. Benché le ricerche in questo campo siano in corso da decenni – tra le prime applicazioni citiamo il giocattolo Radio Rex (1922) o Audrey (1952) per il riconoscimento di cifre -, gli sviluppi più significativi sono avvenuti soltanto nell’ultima decade (Pearl, 2017; Rzepka, 2019). L’avvento del Deep Learning ha permesso un’ottimizzazione senza precedenti di funzionalità come la comprensione di lingue e accenti diversi o il riconoscimento di input vocali in contesti rumorosi (Zwakman, Pal & C. Arpnikanondt, 2021). È in questo scenario che il Voice Artificial Intelligence sta diventando sempre più una realtà, guadagnando terreno, non solo tra le aziende di ogni settore, ma anche tra consumatori di tutte le età (Mari, 2019; Simms, 2019). 

Una nuova era dell’AI conversazionale

L’ascesa degli assistenti vocali multi-device e la loro entrata nelle nostre case ha accelerato la transizione verso una nuova era dell’AI conversazionale: il voice-first. Un paradigma inedito nella storia dell’interazione uomo-macchina, caratterizzato da esperienze conversazionali hands-free basate sulla voce. Naturali, immediate ed iper-personalizzate.

Tale cambio di paradigma riflette nuovi modi di vivere il quotidiano, di effettuare acquisti e di rimanere connessi con il mondo esterno; lasciti anche dell’emergenza sanitaria Covid-19, dove le tecnologie voice-first hanno dimostrato un ruolo cruciale. La diffusione del Voice AI non sembra arrestarsi nel mondo post-pandemico: gli assistenti vocali attualmente in uso nel mondo sono circa 3,25 miliardi e, secondo Statista (2022), sfioreranno gli 8 miliardi di unità entro il 2023. Queste previsioni indicano che, in un futuro non lontano, ogni individuo utilizzerà più di un assistente vocale e che il Voice sarà una parte sempre più integrante del nostro quotidiano.

L’AI Vocale sta diventando un punto focale nella ricerca accademica e industriale per la sua velocità d’adozione tecnologica – la più rapida di qualsiasi altra nella storia (Pwc, 2018) – e per il suo potenziale dirompente nella Customer Experience, come touchpoint in grado di rivoluzionare le dinamiche brand-consumatore (Dawar & Bendle, 2018). Di fronte alla necessità dei brand di connettersi con i propri consumatori in uno scenario che si profila sempre più conversazionale, gli assistenti vocali offrono una risposta concreta alla sfida delle esperienze customer-centric basate sul linguaggio naturale.

Da interfaccia a canale di consumo: i ruoli del Voice AI

Capgemini Research Instiute (2019) ha rilevato che i consumatori preferiscono sempre più usare gli assistenti vocali all’interno del proprio customer journey. Le interfacce voice-first stanno infatti progressivamente diventando il canale principale attraverso il quale cercare informazioni, beni e servizi.

L’AI Vocale sta progressivamente assumendo una molteplicità di ruolidall’informativo al transazionale, dall’educativo al ludico – offrendo risposta a generazioni di utenti dalle esigenze più svariate.
Un bacino sempre più ampio di utenti ne fa uso per orientarsi nelle scelte di acquisto con suggerimenti adattati a gusti e preferenze individuali (personal shopper), per ricevere aggiornamenti real-time su un ordine in corso (order tracking), per effettuare il riordino di un prodotto acquistato in precedenza (voice ordering), ma anche per sostituire le visite alla banca o agli store fisici, per effettuare operazioni e transazioni istantanee (voice booking, voice payment) e per ricevere assistenza immediata 24/7 (customer service).

Un altro ambito che desta particolare interesse è l’Edutainment (“education” e “entertainment”), in cui stanno spopolando contenuti educativi e di intrattenimento da fruire via smart speaker in modalità passiva, attiva e immersiva. Tra i casi d’uso più popolari, emergono il supporto al benessere psicofisico e i processi di apprendimento gamificato dove l’assistente vocale svolge il ruolo di “personal trainer” o “tutor”, guidando l’utente nell’esecuzione di attività come la preparazione di ricette o facendolo diventare protagonista di quiz, concorsi e avventure a tema.

Come mai sempre più utenti prediligono la tecnologia vocale?

Di fronte alla crescente popolarità dell’AI Vocale in una molteplicità di scenari e casi d’uso, sorge spontaneo chiedersi quali siano i motivi che spingono gli utenti a prediligere il voice-first rispetto ad altre modalità di interazione. Tra questi citiamo:

  • Naturalezza dell’interazione;
  • Facilità d’uso e trasparenza del sistema con conseguente riduzione dell’effort cognitivo;
  • Immediatezza, velocità ed efficienza nel completamento dei task, che permette l’accesso immediato alle informazioni di interesse, senza dover navigare menù, fare scroll o attendere il caricamento di un pagina, garantendo un senso di gratificazione istantanea all’utente;
  • Accessibilità (eyes-free, hands-free): la voce come modalità di interazione ci viene in aiuto quando altre forme di input non sono possibili;
  • Multitasking: la tecnologia voice-driven si rivela utile in task a bassa complessità quando stiamo già svolgendo altre attività;
  • Multimodalità: quando l’interazione avviene tramite l’uso simultaneo di più modalità combinate (vocale, visiva e tattile), il messaggio e il feedback per task complessi si arricchiscono;
  • Iper-personalizzazione dell’interazione su scala individuale.

Adottare l’intelligenza artificiale vocale per raggiungere gli obiettivi aziendali

Il modo in cui i clienti interagiscono con i brand è in constante evoluzione ed è sempre più conversazionale. In un mondo post-pandemia, l’intelligenza artificiale vocale sta aprendo la strada a nuove possibilità di innovazione per la customer experience. Incorporare fin da ora gli assistenti vocali nella tua esperienza omnicanale e abilitare percorsi conversazionali voice-first, permette di estendere l’esperienza di marca a nuovi touchpoint beneficiando di un potenziale inedito per personalizzare la UX dei tuoi utenti e di un vantaggio strategico per il tuo business.

Alexa Live 2022: innovazione nella Conversational AI e intelligenza ambientale

Con i nostri team di Conversation Design e Sviluppo abbiamo partecipato ad Alexa Live 2022 per scoprire novità e trend sul mondo del Voice AI e Amazon Alexa. In questo articolo, condividiamo una selezione delle idee più interessanti discusse nelle varie talk per creare la prossima generazione di esperienze conversazionali basate sulla voce. 

Alexa è al centro dell’ambient intelligence fondata su convenienza e facilità d’uso

Intuizione, proattività e personalizzazione. Questi sono i tratti caratteristici dell’assistente virtuale firmato Amazon che continua a generare interesse nel pubblico e a consolidare il proprio ruolo all’interno delle case. I dati condivisi dalla big tech confermano il trend positivo già annunciato negli anni scorsi:

  • Nell’ultimo anno i clienti hanno utilizzato le skill Alexa decine di miliardi di volte e hanno collegato oltre 300 milioni di dispositivi smart home ad Alexa.
  • Oltre il 30% delle azioni in ambito smart home sono avviate dall’AI assistant di Amazon senza dover dire o fare nulla, grazie all’uso di routine. 
  • A livello globale, le persone chiedono all’assistente virtuale di controllare un dispositivo centinaia di milioni di volte alla settimana.

Il momentum “Alexa”

Amazon ha rivelato che il numero di clienti attivi è raddoppiato negli ultimi tre anni. Anche l’engagement con dispositivi di terze parti che supportano Alexa è raddoppiato nei soli ultimi due anni. L’AI assistant è protagonista di una vera e propria rivoluzione e non c’è miglior momento per cavalcarne l’onda.
Per farlo, il team di Amazon indica che le direttrici sono essenzialmente 3:   

  • Progettare per una audience globale. Uno dei motivi principali dell’adozione di Alexa su larga scala è la sua flessibilità in termini di variabilità linguistica degli utenti, specificità dei mercati geografici e sfumature culturali. Attualmente, l’assistente è infatti presente in oltre 80 paesi supportando 17 varianti linguistiche.
  • Progettare per la quotidianità degli utenti. Gli utenti amano usare Alexa per automatizzare task giornalieri quali impostare un reminder, ascoltare la notizie o sapere che tempo fa. Le routine quotidiane di Alexa, offrendo una risposta concreta a questa necessità, sono una delle feature più in crescita, grazie alla loro facilità e versatilità di utilizzo. Sono i dati a confermarlo:
    • Negli ultimi due anni, il numero di clienti mensili delle Alexa Routine è quadruplicato.
    • L’engagement per i clienti che utilizzano questa feature è quattro volte maggiore rispetto ai clienti che non ne fanno uso, con un tasso di fidelizzazione del 40% in più.
  • Progettare esperienze multimodali. Si tratta di esperienze che sfruttano la rapida crescita dei dispositivi dotati di schermo e che consentono interazioni in più modalità simultanee: vocale, visiva e tattile. Secondo l’analisi del team Amazon, le skill in cui la user experience è ottimizzata non solo in ottica voice-only, ma anche visual e touch, generano mediamente 3 volte più engagement per gli utenti. A questo proposito, “Echo Show” si consolida come la categoria di prodotto con la crescita più rapida in assoluto registrando, solo negli ultimi due anni, un aumento del 150% in termini di device attivati. 

Alexa nell’Age of Self

Quello che è stato messo in evidenza è un assistente virtuale sempre più attento al contesto di utilizzo in cui si trovano i suoi utenti, grazie alle caratteristiche di self-awareness, self-learning, self-service che offrono un’interazione più naturale e intuitiva. 

Grazie alla self-awareness o auto-consapevolezza, Alexa è capace di intraprendere azioni basate su un determinato stato ambientale e con una logica simile a quella umana (es. suggerimenti proattivi, disambiguazione automatica, riconoscimento vocale in ambienti rumorosi).
Con il self-learning o autoapprendimento, l’assistente di Amazon è in grado di migliorare ed espandere le proprie capacità, con un minore intervento da parte degli umani. 

Dal punto di vista dello sviluppo, Alexa sta diventando self-service, permettendo a un bacino più ampio di utenti di sviluppare skill conversazionali con maggiore autonomia, in modo analogo agli ambienti di sviluppo no-code e low-code attualmente usati in ambito Conversational AI. 

Interoperabilità del Voice AI

Emerge anche il trend del Voice Interoperability: i Brand possono connettersi con i propri clienti in modi ancora più innovativi grazie a esperienze vocali multi-agente dove Alexa opera in sinergia con il loro assistente vocale custom. Tra gli esempi citati, troviamo “Sonos voice control” oppure “Hey Disney”, quest’ultimo usato sia nelle case per esperienze di puro intrattenimento che nelle strutture ricettive di Disneyland, gestendo le use case più tipiche del settore Hospitality. 

Voice Shopping: acquistare con la voce

Altro trend in forte crescita è il Voice Shopping, una tipologia emergente di esperienze d’acquisto effettuate con l’ausilio della voce. Secondo quanto dichiarato da Amazon, il 34% degli utenti che possiedono smart speaker hanno usato la loro voce per fare acquisti. Inoltre, le percezioni positive dei clienti verso il Voice Shopping sono cresciute del 100%, essenzialmente per 3 motivi: 

  • la convenienza con cui è possibile fare multitasking acquistando in modalità hands-free
  • la velocità con cui è possibile concludere il processo di acquisto basato su voce;
  • la facilità di conversare con l’assistente vocale mentre si effettuano acquisti. 

I dati condivisi da Amazon mettono in luce un’accoglienza positiva di tale tecnologia sia in termini di aumento delle esperienze di acquisto tramite voce (il doppio nell’ultimo biennio) che di aumento del valore medio del carrello (+16% rispetto al 2018).  

Attualmente esistono centinaia di milioni di dispositivi compatibili con Alexa, usati dagli utenti di tutto il mondo. Progettare esperienze conversazionali voice-first per Alexa offre l’opportunità unica di raggiungere nuovi clienti e arricchire il customer journey del tuo brand. Grazie al Voice AI, darai la possibilità di interagire con i tuoi prodotti e servizi direttamente da casa, al lavoro oppure on-the-go, in una maniera ancora più naturale, intuitiva e immediata. Con la voce. 

Ruoli e responsabilità del Conversation Designer

Si chiamano sistemi intelligenti, ma nessuna tecnologia sarebbe in grado di funzionare senza il supporto dell’essere umano. Questo è il segreto che si cela dietro agli assistenti virtuali, tecnologie dotate di intelligenza artificiale che parlano la lingua degli umani per aiutarci a gestire gli acquisti nel carrello, ricercare le informazioni di cui abbiamo bisogno su un sito web o compilare in automatico i form per richiedere assistenza. Sono cose che riesce a fare una macchina, completamente da sola? Ovviamente no.

Come fa allora un chatbot a comprendere la nostra lingua e a rispondere come farebbe un essere umano? La risposta è semplice: dietro ogni sistema virtuale c’è il minuzioso lavoro dei Conversation Designer, veri e propri architetti delle conversazioni virtuali che cercano di fornire, appunto, una voce il più umana possibile all’agente conversazionale.

Conversation Designer: chi è e cosa fa

Alla base di qualsiasi interazione o conversazione c’è la capacità di comprendere senza ambiguità e di rispondere in modo coerente al proprio interlocutore. La comunicazione tra umani e chatbot non fa differenza. Un chatbot comprende i messaggi grazie alle tecnologie NLU che analizzano e interpretano il linguaggio naturale usando complessi algoritmi di machine learning. I Conversation Designer sono proprio quelle figure specializzate nella costruzione di flussi conversazionali che devono essere il più naturali e fluidi possibile. In qualità di linguisti computazionali, si occupano del training degli algoritmi, alimentati con set di possibili domande, chiamate tecnicamente “User Says”, che la macchina utilizza come esempi da seguire per fornire le risposte corrette all’utente. Ai Conversation Designer è affidata la gestione della componente NLU di un chatbot, ovvero l’elaborazione degli input che arrivano al sistema per permettere al chatbot di comprendere le richieste degli utenti, e la progettazione dei flussi conversazionali, ovvero la mappatura delle domande, delle risposte e delle informazioni che compongono il perimetro di argomenti che ogni utente potrà trovare nella chat di conversazione ogni volta che chiederà di parlare con il chatbot.

Che cosa fa un Conversation Designer nello sviluppo di un chatbot

Ecco come lavora il nostro team di Conversation Designer v e quali sono le responsabilità che deve assumersi per costruire una conversazione virtuale che rispetti le aspettative degli utenti.

  1. Ascoltare i bisogni del Cliente (listening)

La prima fondamentale competenza nello sviluppo dei progetti è senz’altro quella di calarsi nel contesto specifico del Cliente per capirne a fondo le esigenze e trovare la soluzione conversazionale più adatta. Nelle prime fasi infatti l’approccio utilizzato del team di Heres è molto simile a un progetto di User Experience: si coinvolge il cliente in un Assessment Interview allo scopo di individuare le criticità dell’assistenza assistenza attuale, gli obiettivi che si vogliono raggiungere con l’inserimento di un chatbot e il target di utenti che lo utilizzerà. Dal briefing, il team analizza i bisogni emersi, la knowledge base già presente sui touch point del Cliente e tutti i materiali utili alla costruzione del flusso comunicativo. Tutto questo lavoro iniziale è proprio quello che contraddistingue gli agenti conversazionali Enterprise dai cosiddetti “Do it your self”, ovvero chatbot “no code” dove al Cliente è richiesto un grande sforzo di creazione di domande e risposte senza possibilità di grandi personalizzazioni nei task che il chatbot deve eseguire.

  1. Capire le esigenze dell’utente (recognising)

Cosa vuol dire dare una voce a un chatbot? Significa curarne la componente comunicativa, cioè fornire all’utente la risposta che cerca, coinvolgendolo in un dialogo piacevole e scorrevole. Il team di Conversation Designer , specializzato nella costruzione di agenti conversazionali personalizzati e proattivi, ha individuato tre passaggi fondamentali nella costruzione di un agente conversazionale di successo: comprendere cosa chiede l’utente, guidarlo verso la giusta risposta e personalizzare l’esperienza finale. Come in ogni conversazione che si rispetti, il primo principio da rispettare è quello del saper ascoltare e, soprattutto, comprendere di cosa si sta parlando. Anche nei sistemi virtuali, infatti, capire le esigenze degli utenti è di primaria importanza se si vuole che il proprio chatbot abbia successo. Ma individuare l’intento corretto dell’utente, non è un compito semplice. Questo perché, sebbene le tecnologie NLU (Natural Language Understanding) possono effettuare un’analisi semantica, sintattica, fonetica e morfologica degli enunciati scritti e orali, il passaggio da comprensione a pragmatica rimane una vera sfida. Poiché le lingue umane sono formalmente complesse e altamente dipendenti dal contesto, una richiesta può essere espressa in così tanti modi diversi e ambigui che spesso è piuttosto improbabile riuscire a mapparli tutti, anche per l’essere umano.

I Conversation Designer, tuttavia, cercano di trovare delle somiglianze replicabili all’infinito (chiamati pattern) nelle richieste degli utenti e di alimentare gli algoritmi di NLU con esempi che possano aiutarli ad associare una precisa richiesta a una determinata risposta. Per farlo possono essere necessarie diverse azioni da parte del Conversation Designer, come quello di concentrarsi di più su uno o un altro dei livelli di analisi linguistica, di utilizzare una piattaforma di NLU proprietaria o, come nel caso nostro di affidarsi a uno o più motori linguistici tra i più conosciuti come Google Dialogflow.

  1. Guidare l’utente nella conversazione (answering)

La seconda fase della pianificazione di una conversazione è la progettazione dei flussi che guideranno l’utente verso tutte le risposte presenti nella knowledge base. Per cominciare, il Conversation Designer ha il compito di costruire la conversazione attraverso due modalità: creando risposte semplici o workflow di risposta profondi multi step e parametrici alle domande spontanee dell’utente e guidandolo lungo percorsi specifici con suggerimenti automatici e bottoni a scelta multipla. La combinazione di questi metodi in una stessa conversazione garantisce una migliore esperienza conversazionale.

Ecco che, in questa fase, i Conversation Designer pianificano dei percorsi strutturati ad albero sulla base di un’attenta analisi del dominio e degli argomenti specifici gestiti dal chatbot. Possono inoltre personalizzare queste risposte sulla base di fattori esterni, quali la pagina del sito in cui ci si trova o il momento del giorno o dell’anno, e altri fattori come le anagrafiche e abitudini dell’utente, la lingua, l’età, il numero di ordini o di acquisti frequenti. Questi dati possono essere richiesti al momento della conversazione tra utente e sistema virtuale o richiamati da gestionali utilizzati per la marketing automation.

Immagine della chat di Heres

E se il chatbot non capisce subito l’intento dell’utente? I Conversation Designer hanno pensato anche a questo prevedendo percorsi di routing delle conversazioni personalizzati per guidare l’utente scalando a un secondo livello di assistenza umano.

  1. Rendere unica la personalità del chatbot e l’esperienza finale (entertaining)

Meglio un assistente automatico formale o informale? Serio o spiritoso? Rispettoso o ironico? L’utente preferirà un linguaggio forbito e altisonante o uno slang semplice e diretto? Un chatbot dovrebbe fornire soluzioni concise e pragmatiche o intrattenere con battute di spirito ed estrosi giri di parole? Il tone of voice di un agente conversazionale dipende naturalmente in larga parte dal brand coinvolto e dal target di utenti a cui ci si rivolge. Fondamentale è la capacità di dotare il chatbot di una personalità vicina a quella del brand: il chatbot è infatti in prima linea nella relazione con i clienti del brand presentandosi come assistente di primo livello sui touch point dedicati del Cliente. Scrivere le conversazioni di un chatbot non significa, però, solo far sì che la grammatica sia corretta, il tono appropriato e la scelta lessicale accurata, ma anche giocare con le parole, con gli standard culturali e con la conoscenza condivisa, affinché le risposte del chatbot sembrino il più naturali possibili per dare all’utente un’esperienza conversazionale unica e personalizzata.

Ma qual è il miglior modo di costruire una conversazione virtuale?

La verità è che non esiste una UX conversazionale perfetta, ma solo Conversation Designer perfettamente flessibili che sappiano modellare un chatbot sulle esigenze dei clienti e degli utenti finali. Quella del Conversation Designer, inoltre, è una figura nata solo da qualche anno, per cui l’unica vera regola per diventare un professionista delle conversazioni virtuali è provare e riprovare, imparando dall’esperienza e dai feedback degli utenti, al fine di individuare la user experience più soddisfacente. Per quanto concerne la formazione sono figure che incrociano le competenze umanistiche con le competenze tecniche in particolare quelle di linguistica computazionale. Hanno una Laurea in Discipline Umanistiche, preferibilmente in Digital Humanities e Digital Knowledge e posseggono conoscenze in ambito di Linguistica Computazionale, principi di UX Design e Agile Project Management. Le competenze trasversali sono sicuramente la passione per il mondo Digital e l’attitudine all’uso di strumenti informatici, grande creatività, Problem Solving e propensione a lavorare in team.

Chatbot: un valido alleato nella gestione dell’emergenza

In questo periodo di lockdown dovuto a Covid-19, le aziende si trovano ad affrontare diverse difficoltà, economiche, logistiche, di risorse umane e soprattutto di gestione dei propri clienti, sempre più bisogni di aiuto, sostegno e certezze. In questa fase, in cui l’incertezza sul domani è una preoccupazione pressante, le aziende si trovano infatti a gestire i problemi di tutti i giorni sommati a una moltitudine di altre segnalazioni. È quindi importante comunicare nella maniera più integrata possibile su tutti i canali di contatto, soddisfacendo al tempo stesso le aspettative dei propri clienti.

Un aiuto virtuale che avvicina i clienti al tuo brand e non li fa sentire spaesati

Quando il Customer Service è sommerso dalle richieste dei clienti e fatica a far fronte a tutte, comunicare in maniera precisa e univoca le informazioni più importanti può rivelarsi l’unica strada da percorrere per arrivare sia ai clienti abituali che a quelli futuri che si avvicinano al brand proprio a causa dell’emergenza.

Per loro natura i chatbot sono sempre disponibili, mai stanchi di rispondere alle esigenze degli utenti 24/7. Per questo, in caso di emergenza, possono veicolare tutte quelle informazioni fondamentali a un acquisto consapevole e trasparente.

Come stiamo supportando i nostri clienti nella gestione dell’emergenza

Ecco gli strumenti che i nostri Clienti stanno sfruttando per comunicare con coerenza ed immediatezza le informazioni contingenti a questo momento di emergenza.

Welcome message personalizzato

Modificare il copy del messaggio di benvenuto è sempre un ottimo modo per partire con la giusta comunicazione fine da subito, avvisando gli utenti degli eventuali cambiamenti in atto. Dal messaggio possono essere innescati vari percorsi conversazionali differenti in base all’utente, alla pagina del sito e al momento della giornata.

Onboarding personalizzato

L’onboarding è un messaggio automatico che si attiva quando l’utente ha aperto la chat senza effettuare alcuna interazione. Grazie a questo strumento è possibile richiamare l’attenzione dell’utente confuso dalle troppe comunicazioni sul sito, invitandolo, per esempio, a controllare le nuove modalità di gestione degli ordini raccolte in una pagina specifica.

Immagine chatbot prenatal onboardin personalizzato

Stopword

Le stopword sono parole alla cui occorrenza si vuole che il bot dia una specifica risposta, indipendentemente dalla frase in cui siano state usate. Risultano molto utili in questa fase di emergenza per attivare un percorso dedicato alla raccolta di segnalazioni.

Trigger

trigger azionano conversazioni proattive del chatbot sulla base della navigazione all’interno del sito e del profilo dell’utente. Sono molto utili per attirare l’attenzione su comunicazioni particolarmente importanti. Scegliendo tra due livelli di engagement, fumetto e messaggio a chat aperta, si posso fornire informazioni veloci e puntuali, come la modifica temporanea dei metodi di pagamento al carrello.

Trigger che si possono inserire sul sto del cliente

Close message personalizzato

Proprio come per il welcome message, anche il messaggio di chiusura può essere modificato per veicolare informazioni aggiuntive a completamento della conversazione per ricordare agli utenti di controllare pagine create ad hoc per l’emergenza.

Ma come poter gestire tutti questi strumenti velocemente e quotidianamente? Semplice, abbiamo reso le features disponibili all’interno della Console di gestione del chatbot. Accedendo al pannello gestionale, infatti, i nostri clienti possono gestire in autonomia il setting di alcune delle risposte da fornire in chat, mentre per altre è sempre attiva la collaborazione costante con il nostro reparto di Conversation Designer.

A cosa pensi se dico “chatbot”?

Il termine “chatbot”, spesso usato erroneamente come sinonimo di Intelligenza Artificiale, indica un’interfaccia conversazionale che comprende richieste formulate in linguaggio naturale e che fornisce poi un’adeguata risposta. L’intelligenza artificiale, invece, è ciò che permette al chatbot di migliorare e aggiornare le proprie conoscenze.

I chatbot vengono già usati in moltissimi ambiti, dall’healthcare al customer service, eppure ci sono ancora molti dubbi riguardo il loro utilizzo e la loro utilità; in più, spesso vengono fornite risposte affrettate e non basate su informazioni certe, che ne minano la credibilità.

Facciamo chiarezza sul mondo dei chatbot e dell’intelligenza artificiale.

1. I chatbot sostituiranno gli esseri umani?

Innanzitutto quando si pensa ad un bot, si pensa ad una tecnologia molto avanzata, simile ai robot dei più noti film di fantascienza, in grado di ribellarsi agli esseri umani e prendere il controllo. Ma tutto ciò non è possibile. I bot sono programmati per essere efficienti, rapidi e sempre disponibili. Ma non sono di certo perfetti, infatti hanno ancora tanto bisogno di collaborare con gli esseri umani, per quanto riguarda certi aspetti del linguaggio che non possono comprendere fino in fondo.

I chatbot quindi non possono sostituire un essere umano al 100% e probabilmente non lo saranno mai, ma di certo sono un’ottima risorsa in grado di cambiare radicalmente il paradigma verso un nuovo approccio Human-AI .

Inoltre secondo una ricerca del World Economic Forum “The Future of the jobs”, entro il 2022 si verranno a creare circa 133 milioni di nuovi posti di lavoro grazie all’intelligenza artificiale, fronte all’eliminazione di soli 75 milioni.

Sarebbe un errore pensare che i nuovi posti di lavoro siano tutti riservati a scienziati, ingegneri e ricercatori: servono anche molti operai digitali. Come ogni settore in espansione l’intelligenza Artificiale si basa su un modello di sviluppo complesso con le sue luci e le sue ombre. Per approfondire S. Betschon, I precari dei robot, in «Internazionale» 1329 (ottobre 2019), pp 64-66.

2. Un chatbot è troppo complicato da capire

Sbagliato. Il bot si basa su un linguaggio di facile comprensione perché basato appunto sul modo di parlare degli esseri umani. Con la sigla “NLP” (Natural Language Processing), si intende dunque che il bot riesce a capire e rispondere per il meglio alle domande degli utenti, anche se questi spesso usano abbreviazioni, modi di dire e termini formali, non più molto usati o non previsti in fase di progettazione.

Molte persone addirittura non si accorgono nemmeno di parlare con un chatbot invece di un essere umano!

Abbiamo scritto un articolo ben approfondito a riguardo, per scoprirlo clicca qui.

3. Implementare un chatbot in azienda è difficile

Ancora una volta, sbagliato. O meglio, bisogna specificare che la differenza la fa l’approccio con cui si pensa ed organizza questa tecnologia. Data la sua complessità, infatti, è necessario avere la capacità di personalizzare la soluzione per il cliente il più possibile, così da renderla unica, riconoscibile e perfetta per le sue esigenze.

Scegliendo la soluzione personalizzata di Heres, pensata in base alle esigenze specifiche di ogni azienda, è possibile implementare il bot più adatto. Noi di Heres sviluppiamo chatbot multicanale e multilingua, che ottimizzano le Business Performances e la Customer Experience. Ogni interfaccia viene creata in collaborazione con il cliente, pensando insieme ogni fase del workflow, per avere così un prodotto unico e altamente personalizzato. Il vantaggio del nostro prodotto sta proprio nella sua trasversalità e adattabilità ad ogni contesto aziendale.

4. I bot possono pensare?

Siccome una macchina è intelligente, è anche in grado di pensare? Assolutamente no.

Il pensiero umano, a livello neurologico, è una serie di processi così complessi che al momento non siamo in grado di replicare. L’intelligenza artificiale è strutturata come la rete neurale del cervello, ma non è assolutamente in grado di eseguire azioni non programmate. Questa struttura estremamente elaborata serve per verificare le condizioni che ne attivano l’azione in base ad una specifica situazione. Il bot si basa su un codice scritto per fare qualcosa di già prestabilito, quindi non inizierà un giorno a raccontare barzellette se non è stato programmato per farlo. Siamo ancora molto lontani dall’AGI, o “Artificial General Intelligence“, nota in italiano come “Intelligenza Artificiale Forte“, ovvero dalla possibilità che una macchina possa ragionare in maniera estesa come un essere umano.

5. Le macchine arriveranno a fare quello che vogliono

Il Machine Learning ha come obiettivo migliorare le performance di un algoritmo scritto da un essere umano e il suo scopo ultimo è correggere o migliorare qualcosa di già esistente, non creare nuove stringhe di codice.

Un chatbot o un assistente vocale, quindi, non prenderà mai l’iniziativa a fare qualcosa che non è stato programmato ad eseguire. I bot, infatti, devono essere “addestrati” a compiere delle determinate azioni, per opera degli esseri umani, i quali devono appunto creare ed organizzare un processo molto complesso. Per questo chi lavora con queste tecnologie deve comunque controllare più volte che tutto funzioni al meglio e in certi casi modificare in corso d’opera alcuni dettagli.

Il controllo quindi è sempre umano, la responsabilità pure.

I chatbot sono degli alleati formidabili

Un chatbot non è un nemico da cui stare lontano; anzi, può essere la soluzione perfetta per migliorare la gestione della comunicazione di un’azienda. Inoltre avere un chatbot che risponde alle domande dei clienti in modo rapido e a qualsiasi ora del giorno, ti aiuta nella relazione con i consumatori e, di conseguenza, con le vendite. In particolare Heres si è affermata in questo campo quasi del tutto inesplorato, grazie alla soluzione innovativa che propone. Infatti attraverso la collaborazione di sviluppatori e Conversation Designers riesce ad offrire una gestione completa del bot, dalla creazione alla manutenzione. Il chatbot può quindi diventare un vero e proprio alleato per tutti noi, in quanto tecnologia pensata per rendere più facile la vita di tutti i giorni.

Per ricevere più informazioni, non esitare a contattarci! Insieme troveremo la soluzione più adatta alle tue esigenze.

Il recruiter ha un nuovo collega: il chatbot

Le nuove frontiere del settore

Il Recruitment è uno dei settori per cui la rivoluzione digitale si unisce ad un vero e proprio cambio di paradigma. Il report sui Global Recruiting Trends 2018 pubblicato da LinkedIn parla di “new era of recruiting”. Nuove tecnologie e una nuova visione del processo di selezione della risorsa innervano le membra di una struttura organizzativa sempre più evoluta e raffinata.

Il ruolo del recruiter è tra i più delicati e determinanti per il futuro di un’azienda; capacità decisionali, predittive, intuitive, strategiche: queste le doti professionali che gli si richiedono. Il buon recruiter sa vedere oltre il dato, dietro ad una voce sul curriculum sa intravedere un futuro aziendale, l’inizio di una percorso. I dati sono la sua materia prima. Se questi si presentano come un’enorme massa indefinita, eterogenea per forma, canale e contenuto, il recruiter vedrà gran parte del proprio tempo inghiottito da un’attività archivistica estranea alla sua professionalità.

Con dati già ordinati e pre-categorizzati, presentati in una veste facilmente fruibile, le sue ore e le sue energie saranno invece ottimizzate al massimo. Affidare questa fase preparatoria all’automazione è l’obiettivo primario della rivoluzione digitale. Lasciando all’umano ciò gli è veramente proprio. Il recruiter che può contare su di uno strumento che pre-selezioni i candidati migliori sulla base dei criteri che lui stesso ha individuato potrà investire più tempo e risorse nella conoscenza diretta di questi ultimi, potrà dedicare loro quella cura e quell’attenzione tutta umana che costituisce il primo, indispensabile tassello della costruzione del rapporto risorsa-azienda.

Sempre secondo il report sui Global Recruiting Trends 2018, i mezzi che rendono possibile questa rivoluzione sono:

  • Nuove tecniche di intervista, pensate per ricreare contesti più informali e per fare emergere le soft skills del candidato
  • Analisi dei dati
  • Intelligenza Artificiale, nell’ottica di ottimizzare i tempi delle fasi di recruiting più onerose e di garantire l’oggettività

Che ruolo giocano i chatbot in questa rivoluzione?

I chatbot hanno tutte le carte in regola per essere uno strumento cardine di questa rivoluzione. La nostra idea di chatbot al servizio del recruitment opera infatti su più livelli del processo, in perfetta sinergia con i recruiter umani.

Il chatbot infatti può:

  • Gestire l’intera interview col candidato, gestendo un percorso dinamico, che si rimodula ad ogni risposta del candidato
  • Far convergere i dati acquisiti su una piattaforma gestionale strutturata secondo le esigenze del recruiter
  • Eseguire un primo screening in base ai requisiti richiesti da ciascuna posizione
  • Rispondere alle domande del candidato sull’azienda e sulla posizione per cui si sta candidando
  • Eseguire un test sulle skills del candidato

Ma il recruiter umano deve avere il completo controllo di tutte le fasi del processo di selezione: se la direzione è quella di superare le procedure stereotipe e standardizzate del passato, il chatbot non può essere uno strumento rigido, frutto di un’elaborazione una tantum. Ed è per questo che parliamo di sinergia chatbot-recruiter.

Il recruiter infatti:

  • Ha il pieno controllo sulla fase di interview del candidato: tra le numerose scelte a sua disposizione vi è la possibilità di richiedere al candidato di caricare file in chat (cv, certificazioni, attestati) e di registrare file audio.
  • Progetta percorsi dinamici, calibrati sulle risposte del candidato.
  • Crea, aggiunge e modifica le Job in tempo reale dalla piattaforma gestionale del bot, in completa autonomia.
  • Predispone per ciascuna Job i filtri specifici che gli consentiranno di automatizzare le prime fasi di screening.
  • Può consultare e valutare in tempo reale le candidature direttamente dalla piattaforma gestionale del chatbot.

Ma com’è essere intervistati da un chatbot?

La prima fase del processo di Recruitment si gioca infatti, anche per il candidato, interamente sulla condivisione di dati e informazioni. Vediamo dunque se, anche dalla sua prospettiva, un chatbot può essere uno strumento di ottimizzazione. Avere il suo primo colloquio con un chatbot significa, per il candidato:

  • Certezza di condividere col selezionatore solo e soltanto informazioni pertinenti, obiettivo primario del candidato nel suo primo contatto col recruiter.
  • Vantaggi logistici: la candidatura può essere presentata da qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, da qualsiasi device connesso a internet
  • Garanzie di oggettività e uniformità: il colloquio non può subire variazioni arbitrarie legate al fattore umano, nessun bias cognitivo rischia di inquinare la procedura
  • La naturalità e la linearità di una conversazione: la familiarità del mezzo chat, le domande poste in sequenza, una per volta, contribuiscono a far sentire il candidato a proprio agio
  • Avere a che fare con una viva voce dell’azienda: il tone of voice e l’intero modo di porsi del chatbot possono essere personalizzati e curati in ogni dettaglio, in modo da rispecchiare appieno la personalità aziendale

Considerando questi aspetti ci sentiamo quindi di dire che un chatbot rappresenta un valore aggiunto anche per il candidato.

Il futuro è oggi

La nuova era del Recruitment è già cominciata. L’Intelligenza Artificiale è tra i primi vettori di questo cambiamento. Per il report sui Global Recruiting Trends 2018 il 76% degli esperti di HR pensa che l’apporto dell’AI sul settore sarà significativo. I chatbot stanno rivoluzionando la Candidate Experience proponendo una sintesi unica tra umano e digitale. Secondo Juniper Research entro il 2022 i chatbot saranno in grado di ridurre i costi del Recruitment di 8 miliardi. Oggi l’apporto dell’AI trova il suo più naturale campo di applicazione nelle prime fasi del processo di selezione, per poi passare il testimone al recruiter umano, portatore di un valore aggiunto di intuito, empatia e capacità valutative per ora insostituibile. Ma non escludiamo affatto che in futuro l’intelligenza artificiale giochi un ruolo sempre più importante anche in fasi più avanzate del processo.

La strada è ormai tracciata. In collaborazione con i Recruiter delle aziende Clienti, Heres ha sviluppato nuove features di prodotto per l’avvio del nuovo dominio “Chatbot Recruitment”; il prodotto continuerà ad arricchirsi di funzionalità determinate dai needs dei nostri Clienti e dalle nuove possibilità offerte dalla tecnologia.

Siamo ufficialmente entrati nella New Era of Recruiting offrendo un cambio di paradigma grazie al quale una Intelligenza Artificiale diventa a tutti gli effetti un collega utile e prezioso che aiuta il recruiter umano a trovare il giusto candidato.

I Chatbot di Heres tra NLU e Wizard

Approccio NLU o Modalità Wizard? Domande in libertà o percorso guidato? Su quale tecnologia puntare per dare ai chatbot una marcia in più? Se il mondo digital sembra ormai unanime nell’individuare nei chatbot uno dei prodotti destinati a rivoluzionare l’interazione tra brand e consumatori, sembra invece dividersi su quale sia la tecnologia in grado di produrre risultati più efficaci nell’ambito di tale rivoluzione. Facciamo quindi un po’ di chiarezza sulle due modalità conversazionali più usate al momento: di seguito ne evidenziamo i punti di forza e di debolezza individuati dal team di Heres sulla base della propria esperienza.

NLU: domande in libertà tra entusiasmo e rischio

L’approccio basato sull’NLU lascia gli utenti liberi di porre qualsiasi domanda e si concentra quindi sul comprendere ciò che questi scrivono. L’NLU (Natural Language Undestranding) è infatti la branca della Linguistica Computazionale che si occupa di studiare soluzioni che permettano a esseri umani e macchine di interagire utilizzando il linguaggio naturale sfruttando l’Intelligenza Artificiale.

Esempio di smalltalk con approccio NLU
Esempio di smalltalk con NLU

Com’è facile immaginare, un sistema basato su questa tecnologia suscita sorpresa ed entusiasmo nell’utente. Allo stesso tempo, però, il rischio di fraintendere ciò che questi ha scritto in chat è alto e il contenuto della risposta, di conseguenza, potrebbe soddisfare solo parzialmente, in quanto la necessità di chi scrive potrebbe discostarsi in modo più o meno palese da quella intesa dall’interfaccia conversazionale. In aggiunta, potrebbe non risultare abbastanza chiaro quali risposte il chatbot sappia fornire: l’utente potrebbe porre domande fuori dominio e magari non porne nessuna sugli argomenti previsti. Nella seguente tabella abbiamo riassunto questi punti in un’analisi SWOT che mette in luce punti di forza, debolezza, opportunità e minacce dell’approccio NLU.

Analisi swot con punti di debolezza e di forza dell'approccio wizard e NLU

Wizard: guidare l’utente a una risposta significativa

La modalità Wizard è una soluzione alternativa che sopperisce alle difficoltà dell’NLU, lasciando al chatbot il compito di guidare l’utente in un percorso conversazionale progettato sulla base di un’attenta analisi del dominio e di un’accurata previsione delle necessità dell’utente. Ecco di seguito, come esempio, un percorso conversazionale in cui suggeriamo all’utente gli argomenti più cercati e dopo il click su “Cerco punti vendita” proseguiamo fornendo gli store più vicini a chi scrive, suggerendo poi ulteriori criteri di ricerca.

Esempio di chat con geolocalizzazione e wizard
Esempio di chat con geolocalizzazione e approccio wizard

Se da una parte la sua libertà viene così limitata, è comunque l’utente che determina la direzione che la conversazione prenderà, cliccando sull’opzione che più interpreta le proprie necessità tra quelle suggerite dal chatbot. La capacità di comprendere l’intenzione dei clienti risulta così molto più precisa e la risposta fornita dal chatbot molto più significativa. Questo perché, in base ai bisogni manifestati dall’utente, è possibile approfondire gradualmente l’argomento di conversazione, un livello dopo l’altro.

Analisi swot con punti di debolezza e di forza dell'approccio wizard e NLU

L’approccio ibrido di Heres come soluzione ottimale

Allo stato attuale della tecnologia, entrambi gli approcci hanno pro e contro e danno priorità a esigenze diverse. Nessuno dei due, però, spicca rispetto all’altro per efficacia o capacità di soddisfare totalmente i bisogni degli utenti finali di un chatbot. Lavorando in ottica user first, il nostro obiettivo è offrire la migliore UX possibile. Per questo in Heres abbiamo scelto di utilizzare un approccio ibrido per i nostri chatbot, optando per soluzioni flessibili e in grado di adattarsi a domini e clienti diversi. Nei chatbot di Heres l’utente viene inserito in un percorso conversazionale pensato ad hoc, da cui può discostarsi in qualsiasi momento ponendo domande in base ai propri interessi. Grazie a quest’approccio, infine, l’utente può scegliere se dialogare in modalità text oppure passare alla modalità voice, comunicando con il bot tramite comandi vocali.

esempio di wizard per shop assistant
esempio di wizard per shop assistant

Questa soluzione ibrida permette di limitare le incomprensioni dovute all’NLU e di giocare con il Wizard per intrattenere l’utente e guidarlo verso contenuti significativi e completi, senza tuttavia limitare né la libertà di espressione dell’utente né l’entusiasmo suscitato da un dialogo naturale con un chatbot.

Ecco un riepilogo che espone a colpo d’occhio pro e contro emersi dal confronto diretto tra queste due modalità.

Pro e contro dei due approcci NLU e Wizard

Leggi il nostro articolo su come dare voce a un chatbot in quattro step.

Chatbot o Task-Bot?

Facciamo un po’ di chiarezza in questa Chatbot Revolution

Se il 2017 ha visto l’ingresso dirompente dei chatbot nel mondo del business, il 2018 li vede in rapida ascesa. Di chatbot ce ne sono davvero per tutti i gusti e vengono utilizzati con più o meno successo in tantissimi campi, dal customer service, al booking, passando per l’e-commerce e arrivando alla public administration e al recruitment. Gli utenti si stanno abituando sempre di più a interagirci su piattaforme social e siti web: secondo Business Insider, il 45% degli end users sceglie i bot come modalità di comunicazione principale per richieste di customer service. Conosciamo già i grandi vantaggi che questa tecnologia può apportare al business aziendale; senza dimenticare che sono sempre di più le aziende che dichiarano di usare chatbot o pianificare la loro implementazione.

Ormai è chiaro che siamo davanti ad una vera e propria Chatbot Revolution. Ma cosa sanno e possono fare veramente i chatbot? Siamo davvero in grado di orientarci tra le tipologie esistenti? In questo articolo cercheremo di fare ordine tra i chatbot più utilizzati e definiremo i campi in cui le loro funzionalità possono risultare più utili ed efficaci.

Pronti? Cominciamo!

Abbiamo individuato quattro differenti tipologie di chatbot, basate su due criteri di valutazione: l’integrazione con sistemi di terze parti e la profondità conversazionale. Ecco le 4 macro categorie di chatbot che sono emerse organizzando la nostra analisi su due assi cartesiani: Faq-Bot, Conversational-Bot, Command-Bot e Task-Bot.

I diversi tipi di chatbot: Command bot, Task bot, Faq bot e Conversational bot

Faq-Bot

La prima tipologia di chatbot che incontriamo è caratterizzata dal livello più basso sia di profondità tecnica che di profondità conversazionale: quello che fa è comprendere le richieste degli utenti e rispondere con FAQ preconfezionate e stabilite dal cliente. La tecnologia dei Faq-Bot non prevede l’utilizzo di contesti e connettori e non si integra con le diverse piattaforme utilizzate dai clienti. Il risultato è una conversazione one-step che non tiene in memoria i dati forniti dall’utente, così come i passaggi e i temi precedentemente discussi. In pratica la pagina delle FAQ di un’azienda viene trasformata in un chatbot capace di attivare conversazioni guidate con gli utenti e automatizzare in parte il customer service aziendale.

Lo scopo principale di questa tipologia di chatbot è quello di risolvere il problema del cliente il prima possibile, fornendogli real time tutte le risposte che cerca. Tuttavia, le conversazioni one-step tipiche dei Faq-Bot possono risultare più aride e meno gradevoli. Nonostante le aziende possano potenzialmente risparmiare tempo, forze e denaro, i bot di questo genere hanno funzionalità limitate e raggiungono risultati altrettanto limitati in termini di customer engagement e di customer experience.

Command-Bot

La seconda categoria racchiude i bot che abbiamo definito Command-Bot. A differenza dei precedenti, questi bot utilizzano una tecnologia che permette l’integrazione con i sistemi di gestione utilizzati dal cliente e sono pensati per funzionare attraverso l’utilizzo di codici specifici. Gli utenti possono scrivere una serie di comandi, ai quali il bot associa azioni anche complesse. Qualche esempio? I Command-Bot possono tenere traccia dei to-do, cercare un file nei Google Doc o impostare un reminder.

Tuttavia, questa tipologia presenta un limite evidente: non si basa su sistemi Nlp e Machine Learning e quindi non riconosce e non comprende il linguaggio naturale. Questo vuol dire che per chiedere al bot di eseguire un qualsiasi comando è necessario utilizzare una sintassi specifica (Es. //open_file, */send_doc). L’aspetto conversazionale è quindi inesistente e non sono previsti sinonimi e varianti, né sono contemplati errori di digitazione.

Conversational-Bot

Se lo scopo del tuo brand è quello di attirare nuovi consumatori e aumentare l’engagement di quelli già acquisiti, i Conversational-Bot sono ciò che fanno al caso tuo. Infatti, questi bot hanno una maggiore capacità e profondità conversazionale se paragonati ai Faq-Bot e ai Command-Bot poiché predisposti alla simulazione di conversazioni anche molto complesse. Risultano utili per il brand positioning, brand storytelling, nonché per intercettare nuovi target di consumatori(i millennials ad esempio). Hanno una maggiore percentuale di presenza rispetto alle altre tipologie finora analizzate e li si può trovare quasi esclusivamente su Facebook Messenger. A differenza dei Faq-Bot, non sono stati pensati per rispondere solamente a domande frequenti, bensì per intrattenere gli utenti, fornendo al tempo stesso informazioni utili. I campi d’applicazione sono potenzialmente infiniti, dai consigli sui libri da leggere e i film da guardare al life style, passando per le news e la cucina.

Le criticità legate ai Conversational-Bot riguardano l’impossibilità di andare oltre il mero intrattenimento: non possiedono connettori e non prevedono alcuna integrazione con i tool informativi di terze parti. Di conseguenza, non sono in grado di eseguire task o operazioni complesse.

Task-Bot

Infine, troviamo i Task-Bot, che offrono la miglior combinazione di tutti gli elementi caratterizzanti i diversi chatbot appena descritti. Ma cosa sa fare davvero un Task-Bot e perchè è diverso dagli altri?

Innanzitutto, questa tipologia di chatbot si basa su un Artificial Intelligence platform proprietaria e ha sviluppato un’elevata capacità e profondità conversazionale grazie all’integrazione con la soluzione NLP più avanzata, Google Api.ai, in grado di comprendere ogni conversazione in qualsiasi contesto grazie al processo di deep learning. Tramite i connettori, il Task-Bot è in grado di integrarsi con le piattaforme gestionali del cliente (come Magento, SAP, Salesforce, Hybris, Zendesk, Qapla), nonchè con i tool informativi CRM, CMS ed ERP. Queste integrazioni permettono ad esempio la gestione di database prodotti, store locator, opening times e molto altro. Inoltre, l’architettura conversazionale ha il valore aggiunto di funzionare con memoria, contesti, logiche e slot-filling.

Bot con queste caratteristiche sono capaci di eseguire task complessi, intrattenendo e offrendo una UX dedicata e personalizzata. Solo per fare qualche esempio, un Task-Bot è capace di effettuare resi, cancellare ordini, inviare documenti, prenotare una visita medica, effettuare l’iscrizione degli utenti alla carta fedeltà e molto altro ancora. Proprio per questo possono essere versatili e scalabili, trovando utilizzo in moltissimi campi.

Dove si posiziona il chatbot Heres in tutto questo?

La nostra soluzione Enterprise rientra a pieno titolo proprio nella categoria dei Task-Bot. Anzi, in qualche modo la inaugura, almeno nel mercato italiano, perché nasce come una delle prime soluzioni enterprise in grado di eseguire operazioni complesse e integrarsi con l’intero sistema informativo di un cliente e con tutti i suoi channel, superando il concetto di Faq-Bot e di Conversational-Bot e aprendo la strada a un nuovo modo di comunicare con il cliente.

Inoltre, i Chatbot creati da Heres sono in grado di apprendere capitalizzando le esperienze conversazionali, aumentando il loro rendimento conversazione dopo conversazione e raggiungendo, nei casi più virtuosi, fino al 50% di contact reduction nel Customer Service.

Un obiettivo, un chatbot

I chatbot si prestano bene per ogni realtà aziendale, dal piccolo negozio di provincia alle multinazionali ma, come abbiamo appena imparato, non tutti danno il loro meglio in campi differenti e possono raggiungere anche risultati molto diversi da quelli sperati. Il nostro consiglio, quindi, è scegliere con cura il tipo di chatbot tenendo ben presente lo scopo che si intende raggiungere.

Se stai cercando un modo per rendere più efficiente il tuo customer service e promuovere il tuo brand, intrattenendo al tempo stesso i tuoi customers in maniera personalizzata e puntando sull’engagement, Heres è il Task-Bot perfetto per te!